domenica 27 luglio 2008

Scritto dello scorso anno...

Mi va di ripostarlo anche qui, tanto per augurio a questo blog gastro-motereccio...
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Roma, 16 giugno 2007

I cavalli dormono in piedi, le moto no.

Pensavo alla moto, alla mia, ma anche alle vostre, tutte a ciascun modo belle, tutte rombanti, da sveglie, tutte in silenzio, da ferme.

Poi guardando la mia ho abbassato lo sguardo, fino al motore, e poi un filo più giù, fino a quel peduncolo sgraziato ed evidentemente di troppo che è il cavalletto, altresì detto (se vogliamo più efficacemente) la stampella…

Un’auto non ne ha bisogno, può stare là ferma da sola sulle sue quattro ruote per un’ora, un mese, o addirittura anni, se vogliamo.

E’ stabile di per sé, poggiata a terra come un tavolo, non può cadere.

La moto no.

La moto ha bisogno di una persona che sgambetti dal benzinaio, che scalci nelle derapate, che appoggi un piede sul marciapiedi ai semafori rossi. Altrimenti va giù, se non ha la sua stampella.

E’ forse in qualche modo disabile? Le manca magari una parte? Ha in questo un limite? forse un difetto?

Può questo dirci che la moto vive solo con un essere umano e riposa solo con un attrezzo che la sostenga?

Mentre la macchina sa invece fare da sola, teoricamente può andarsene anche in giro, da sola, non ha problemi con la gravità, non cade, al massimo sbatte.

Potremmo magari dire che un giorno sarà più facile costruire un’auto che vada senza di noi (magari non si sa per quale motivo potrebbe convenire farla…) mentre più difficile sarà fare lo stesso con una moto?

E’ come se la moto ci dicesse “non sono nulla, senza di te”.

E poi: “attento, fa caldo, il cavalletto può affondare nell’asfalto bollente”.

O anche: “quella striscia nera è nafta, evitala”.

Cadere è prerogativa della moto, non dell’auto.

Però che magia quando dopo vent’anni salgo sopra e come per la bici mi accorgo che so ancora tenerla in piedi, e penso che c’è in lei qualcosa di naturale, una specie di cavallo scoppiettante che desidera solo una mangiatoia di v-power.

Stamattina erano le otto, faceva fresco, ed il motore mi ringraziava, suonava tondo, senza tintinnii metallici, non come l’altro pomeriggio dopo un quarto d’ora di coda nel traffico, che dal motore salivano le vampate tremolanti da film di Sergio Leone.

Non riesco in auto a sentire tutta questa differenza, addirittura se accendo il condizionatore posso avere 20 gradi in meno rispetto a fuori, il termometro dell’acqua non schioda dallo stesso valore, a dicembre come ad agosto.

Forte, la macchina. Però ci sto dentro, non sopra.

E da dentro non sembra, ma prova a parcheggiarla sulla Nomentana, se ci riesci.

Quello che mi ha colpito di quest’Isola d’Elba 2007 sono tante cose, ma soprattutto le persone che ho incontrato. Nessuno mi ha parlato, nè io a nessuno ho parlato, di potenza, di velocità, di tecnologie avanzate.

Era invece una questione di “XL Pride”, l’orgoglio per la bellezza, che non è solo nelle forme, nei colori, nella lucentezza. Ma soprattutto nel fascino, nell’armonia, nel suono, nell’essenziale che rassicura la qualità, e non la rende complessa e delicata.

Ed in questi giorni coi “ragazzi” che ho al lavoro ho provato a raccontare la passione come elemento di sanità di un gruppo di persone, che riuscivano attraverso una specie di sangue comune a comunicare senza parlare, accettarsi senza conoscersi, fidarsi senza sfidarsi.

Ho avuto la possibilità di stare in mezzo a tanti sconosciuti, e a non sentirmene invaso, né intimidito. E poi quella di misurarmi con la paura di sbagliare, di non essere in grado di fare una cosa che a torto o a ragione ritenevo cosa da giovinastri.

Dalle 10 alle 17 sulla moto, a sobbalzare, stando attento, scegliendo distanze, velocità e traiettorie.

In comune avevamo il cavallo scoppiettante con la stampella, i sorrisi, la polvere, qualche doloretto ad una caviglia, il sudore, una fettina di prosciutto, un bicchiere di vino buono.

Sentivo forte che tutti volevano essere là, e so che da là se ne sono andati in qualche modo a malincuore.

E tutto questo da un annuncio di moto usata, rossa, vicino Roma.

Che storia!

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